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ebbero contesa fra essi se non sopra questo solo punto: in tutte le altre cose la loro unione rimase sempre la medesima.

«Un giorno, discorrendo sullo stesso argomento all’incirca, come Io seppi da essi medesimi, Saadi pretendeva che i poveri non lo fossero se non perchè erano nati nell’inopia, oppure perchè, nati ricchi, avessero perdute le sostanze o per gli stravizzi, o per qualcuna di quelle fatalità imprevedute che non sono straordinarie.

«— Mia opinione,» diceva egli, «è che questi poveri non lo sono se non perchè non possono giungere ad ammassare una somma di denaro bastante per cavarsi dalla miseria, adoperando la loro industria nell’utilizzarla; ed è mio sentimento che se pervenissero a tal punto, e facessero uso conveniente di simile somma, diventerebbero non solo ricchi, ma ben anche, col tempo, opulentissimi. —

«Saad non convenne nella proposizione di Saadi. — Il mezzo che voi proponete,» soggiuns’egli, «per fare che un povero arricchisca, non mi sembra tanto certo quanto credete. Ciò che voi ne pensate è molto equivoco, e potrei appoggiare il mio pensiero contro il vostro con parecchie buone ragioni che ci addurrebbero troppo lungi. Io credo almeno con altrettanta probabilità, che un povero possa diventar ricco per tutt’altra via che con una somma di danaro: si fa spesso, per un caso felice, una fortuna maggiore e più sorprendente che non con un poco di denaro, come voi pretendete, qualunque industria od economia si adopri per farla moltiplicare mediante ben intesi negozi.»