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che m’era avveduto come la mia attenzione gli piacesse, e che sovente, quando voleva uscire di casa, senza ch’io me ne accorgessi, mi chiamava col nome di Rosso, cui mi aveva imposto.»


NOTTE CCCL


— A quel nome, mi slanciava subito dal mio posto in mezzo alla strada; saltellava, faceva scambietti e corse davanti alla porta, nè cessava da tutti que’ vezzi se non quando egli era uscito; accompagnavalo allora esattamente, seguendolo o correndogli dinanzi, e guardandolo tratto tratto per dimostrargli la mia gioia.

«Era già qualche tempo ch’io stava in quella casa, quando un giorno venne una donna a comprare del pane, e pagando il mio ospite, gli diede una moneta d’argento falsa, con altre buone. Avvistosene il fornaio, la restituì alla donna, chiedendone un’altra; ma colei ricusò di riprenderla, pretendendo che fosse buona. Sostenne il contrario il mio ospite, e nella contesa: — Questa moneta,» le disse, «è tanto visibilmente falsa, ch’io son sicuro che il mio cane, bestia com’è, non s’ingannnerebbe. Qua, Rosso,» disse poscia, chiamandomi. Alla sua voce, saltai leggermente sul banco, ed il fornaio, gettandomi dinanzi le monete, «Guarda,» soggiunse, «se ve n’è una falsa.» Osservai tutte le monete, e mettendo la zampa sulla falsa, la separai dall’altre, guardando il padrone come per fargliela vedere.

«Il fornaio, il quale non erasi riportato al mio giudizio se non per una specie di modo di dire o per divertirsi, rimase sommamente colpito vedendo ch’io aveva così ben indovinato e senza esitare. In