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gerli nella barbara maniera come quella colla qual tu ieri spingevi la tua cavalla in pubblica piazza, con immenso scandalo degli spettatori che ne mormoravano altamente. Io non ne fui meno di essi scandalizzato, e poco mancò non mi facessi conoscere, contro la mia intenzione, per rimediare a tal disordine. Eppure il tuo aspetto non mi dinota che tu sii uomo barbaro e crudele. Voglio anzi credere che tu non opri a quel modo senza motivo, essendomi noto non essere la prima volta, ed anzi è già molto tempo che ogni giorno fai alla tua cavalla il medesimo maltrattamento. Bramo sapere qual ne sia il motivo, e ti ho fatto chiamare affinchè tu me ne istruisca. Soprattutto dimmi la cosa com’è, e non dissimularmi nulla. —
«Sidi Numan comprese facilmente ciò che da lui esigeva il califfo. Quel racconto angustiavalo; cambiò più volte di colore, e fece vedere, suo malgrado, quanto fosse grande l’imbarazzo in cui trovavasi. Ma fu mestieri risolversi a dirne il motivo. Però, prima di parlare, si prosternò davanti al trono dei califfo, e quindi rialzatosi, tentò di cominciare per soddisfarlo; ma rimase come interdetto, più colpito dalla natura della narrazione che doveva fargli, che non dalla maestà del califfo, davanti al quale compariva.
«Qualunqué fosse l’impazienza naturale del califfo d’essere obbedito ne’ suoi voleri, pure non dimostrò verun malcontento pel silenzio di Sidi Numan, ben avvedendosi che doveva o mancar d’ardire alla sua presenza, od essere intimidito dal modo onde gli aveva parlato, oppure finalmente vi fossero, in ciò che doveva narrargli, cose le quali avesse bramato di tenere nascoste.
«— Orsù, Sidi Numan,» gli disse il califfo per rassicurarlo, «fa animo, e mettiti in pensiero non sia