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NOTTE CCCXLVI


Scheherazade, in nome d’Abdalla, ripigliò di tal guisa il filo del racconto:

— «Quand’ebbi la scatola in mano, l’apersi, e guardando la pomata: — Poichè mostrate tanta buona volontà,» gli dissi, «e non vi stancate di compiacermi, vi prego a volermi spiegare l’uso particolare di questa pomata.

«— L’uso n’è sorprendente e maraviglioso,» rispose il dervis. «Se applicate un po’ di quella pomata intorno all’occhio sinistro e sulla palpebra, essa vi farà comparire davanti agli occhi tutti i tesori nascosti nel grembo della terra; ma se ne applicate egualmente all’occhio destro, vi renderà cieco.

«Volli provare su me medesimo l’esperienza di sì mirabile effetto, e: — Prendete la scatoletta,» dissi al dervis, porgendogliela, «ed applicatemi voi stesso di quella pomata sull’occhio sinistro: ve ne intendete meglio di me. Sono impaziente d’esperimentare una cosa che mi pare incredibile. —

«Il buon dervis mi compiacque, e fattomi chiudere l’occhio sinistro, mi applicò la pomata. Quand’ebbe finito, aprii l’occhio, e provai che avevami detto il vero; vidi in fatti un numero infinito di tesori pieni di ricchezze sì immense e svariate, che non mi sarebbe possibile di farne al giusto la descrizione. Ma, siccome era costretto a tener chiuso l’occhio destro colla mano, e ciò mi stancava, pregai il dervis ad applicarmi un po’ di pomata anche intorno a quell’occhio.