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NOTTE CCCXLV
— Abdalla continuò di tal guisa il suo racconto:
«— Prima di partire, il dervis rientrò nel tesoro, e siccome eranvi parecchi grandi vasi cesellati d’ogni sorta di forme, d’oro, d’argento e di altre materie preziose, osservai ch’ei prese da uno di quei vasi una piccola scatoletta di certo legno a me ignoto, e se la pose in seno, dopo avermi fatto vedere che conteneva una specie di pomata.
«Per chiudere il tesoro, il dervis usò la medesima cerimonia fatta per aprirlo; e pronunziate ch’ebbe certe parole, la porta del tesoro si rinchiuse, e la rupe apparve intiera come prima. Dividemmo allora i cammelli, che facemmo alzare co’ loro carichi, ponendomi io alla testa dei quaranta che mi era serbati, e facendo altrettanto il dervis cogli altri che gli aveva ceduti.
«Sfilammo per dove eravamo entrati nella valle, e procedemmo insieme sino alla strada maestra ove ci dovevamo separare, il dervis per proseguire la sua via verso Balsora ed io per tornare a Bagdad. A ringraziarlo di quel grande benefizio, usai i termini più energici, e quelli che poteano meglio esprimere la mia gratitudine per avermi preferito ad ogni altro nel mettermi a parte di tante dovizie; ci abbracciammo quindi entrambi con molta allegrezza, e scambiati reciproci saluti, ci allontanammo, ciascuno dalla sua parte.
«Non ebbi fatto alcuni passi per raggiungere i miei cammelli, i quali camminavano sempre per la strada