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li avrebbe scialacquati in poco tempo in inutili spese e negli stravizzi; ma, per lo contrario, nulla tralasciai onde accrescerli mediante la mia industria, le cure e le fatiche, alle quali volli dedicarmi. Finalmente, era divenuto abbastanza ricco per possedere io solo ottanta cammelli, che noleggiava ai mercatanti delle carovane, e mi rendevano grosse somme ad ogni viaggio ch’io faceva nelle diverse parti dell’estensione dell’impero di vostra maestà, dove li accompagnava.

«In mezzo a tale prosperità e con immenso desiderio di vie maggiormente arricchire, un giorno che tornava scarico da Balsora co’ miei cammelli colà condotti carichi di merci d’imbarco per l’India, e li facea pascere in un luogo molto lontano dall’abitato, dove avevami fatto fermare l’ottimo pascolo, un dervis, che andava a piedi a Balsora, mi s’accostò, e si pose a sedermi vicino per riposare. Gli domandai d’onde venisse e dove andasse; egli mi fece le medesime interrogazioni, e soddisfatti ch’ebbimo entrambi alla reciproca curiosità, mettemmo in comune le nostre provvisioni e mangiammo insieme.

«Facendo il nostro pasto, dopo esserci intertenuti di varie cose indifferenti, il dervis mi disse, che in certo luogo poco lontano da quello nel quale ci trovavamo, egli sapeva esistere un tesoro pieno di tante ricchezze, che quand’anche si avessero caricati i miei ottanta cammelli dell’oro e delle gemme che se ne poteano cavare, non sarebbe quasi parso che nulla se ne fosse toccato.

«Quella grata notizia mi sorprese ad un tempo e m’incantò, e la gioia che ne provai fece si che non sapessi più contenermi. Non credeva il dervis capace d’ingannarmi; talchè me gli gettai al collo, dicendo: — Buon dervis, ben veggo che vi curate poco de’ beni del mondo; laonde a che cosa può mai servirvi la cognizione di tale tesoro? Voi siete solo, e nonpo-