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«Nulla sospettò Noreddin della risoluzione da’ suoi amici presa di non più vederlo. Andò all’appartamento della Bella Persiana, e s’intertenne soltanto con lei della dichiarazione fattagli dal suo maggiordomo, dimostrandosi sinceramente pentito del disordine, in cui trovavansi i suoi affari.

«— Signore,» gli disse la Bella Persiana, «permettetemi di dirvi che non voleste dar ascolto se non al vostro proprio sentimento: ora vedete cosa v’è accaduto. Io non m’ingannava quando vi prediceva la triste fine, alla quale vi dovevate attendere. Quello che più mi dà pensiero si è, che voi non vedete tutto ciò ch’essa ha di doloroso. Quando io voleva dirvene il mio parere: «Divertiamoci,» mi rispondevate, «e profittiamo del buon tempo che ne offre la fortuna, mentre ci si mostra favorevole; forse non sarà sempre di sì buon umore.» Ma io non aveva torto di rispondervi, d’essere noi medesimi i fabbri della nostra buona fortuna con una savia condotta. Non avete voluto ascoltarmi, ed io fui costretta a lasciarvi fare mio malgrado.

«— Confesso,» rispose Noreddin, «che feci male a non aver seguito i suggerimenti veramente salutari che mi davate colla vostra ammirabile saggezza; ma se ho consumati tutti i miei beni, voi non considerate che fecilo con una mano di eletti amici, cui da lungo tempo conosco. Sono onesti e pieni di gratitudine, e son certo che non mi abbandoneranno. — Signore,» replicò la Bella Persona, «se non avete altra risorsa che la gratitudine dei vostri amici, credetemi, mal fondata è la vostra speranza, e me lo direte in seguito.

«— Vezzosa Persiana,» soggiunse Noreddin, «ho miglior opinione di voi dei soccorsi che mi presteranno. Voglio andarli a trovare tutti domani, prima che s’incomodino à venire secondo il loro solito, e