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viso. Domando il vostro aiuto per la fiducia che ripongo nelle vostre buone preghiere, e spero non mi negherete la grazia cui concedete a tanti afflitti dal medesimo male.» Sì dicendo, alzossi abbassando la testa; la falsa Fatima, da parte sua, inoltrossi, tenendo la mano sull’elsa d’un pugnale che portava alla cintura sotto la veste; ma Aladino, che l’osservava, le afferrò la mano prima che lo sguainasse, e trapassandole il cuore col suo, la gettò morta al suolo.
«— Mio caro sposo, che cosa mai faceste?» sclamò la principessa, spaventata. «Avete ucciso la santa donna! — No, mia diletta,» rispose Aladino, imperturbabile, «non ho ucciso Fatima, ma uno scellerato che stava per assassinarmi se non l’avessi prevenuto. È questo iniquo che vedete,» continuò poi, scoprendolo, «il quale strangolò Fatima, che voi credeste compiangere accusandomi della sua morte, e che si era travestito coll’abito di lei per pugnalarmi. Affinchè lo conosciate meglio, sappiate ch’era fratello del mago affricano vostro rapitore.» Le narrò poscia per qual via avesse sapute tali particolarità; quindi ne fece portar via il cadavere.
«Così Aladino fu liberato dalle persecuzioni de’ due fratelli maghi. Pochi anni dopo, il sultano morì in estrema vecchiaia, e non lasciando maschi, gli successe la principessa Badrulbudur, in qualità di legittima erede, e diviso con Aladino il potere supremo, regnarono insieme lunghi anni, lasciando un’illustre posterità.
— Sire,» disse la sultana Scheherazade, terminando la storia delle avventure accadute in occasione della lampada maravigliosa, «la maestà vostra avrà senza dubbio notato, nella persona del mago affricano, un uomo dedito alla passione smoderata di possedere tesori per vie illecite, che gliene scoprirono d’immensi, ma de’ quali non potè fruire, essendosene reso indegno.