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«Volea questa ricondurre il furbo al salone delle ventiquattro finestre per farlo pranzare con lei; ma siccome per mangiare sarebbe stato d’uopo di scoprirsi il viso, da lui sin allora tenuto sempre velato, e temeva che la principessa venisse a conoscere non esser egli Fatima la santa donna, com’ella credeva, la pregò con tanta insistenza di dispensarnelo, attestandole che mangiava soltanto pane e qualche frutto secco, e di permetterle che facesse il suo piccolo pasto nel proprio appartamento, ch’ella acconsentì. — Mia buona madre,» le disse dunque, «fate come se foste nel vostro romitorio; vado a dar ordine di mandarvi qualche cibo: ma ricordatevi che vi aspetto appena avrete mangiato. —
«La principessa pranzò, e la falsa Fatima non mancò di andarla a trovare appena seppe da un eunuco, da lei già pregato di venirla ad avvertire, esser ella uscita di tavola. — Buona madre,» le disse Badrulbudur, «sono assai lieta di possedere una santa donna, come voi, che sta per formare la benedizione di questo palazzo; a proposito, come lo trovate? Ma prima che ve lo faccia vedere camera per camera, ditemi anzi tutto il vostro parere su codesta sala. —
«A tale domanda, la falsa Fatima, la quale, onde vie meglio rappresentare la sua parte, aveva fin allora affettato di tenere la testa bassa, senza nemmeno voltarla per guardare da un lato o dall’altro, la sollevò in fine, e percorrendo cogli occhi da un capo all’altro il salone, dopo averlo ben considerato: — Principessa,» le disse, «veramente mirabile è questa sala e di grande bellezza; ma pure, da quanto può giudicarne una solitaria, la quale non intendesi di ciò che il mondo trova bello, mi pare vi manchi una cosa. — E qual mai, mia buona madre?» riprese l’incauta donna. «Ditemela, ve ne scongiuro. Per me, io credeva, ed ho sempre anche udito