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parleremo, affine di riuscirvi più sicuramente, osservò tutti i suoi passi il primo giorno ch’ella uscì di casa, dacchè ebbe attinte quelle nozioni, senza perderla mai di vista sino alla sera che la vide rientrare nell’eremo. Avendone notato bene il sito, si ritirò in uno de’ luoghi già da noi detto, ne’ quali si bevea certa bevanda calda, e dove poteasi, valendo, passare la notte, specialmente ne’ grandi calori, stagione in cui si preferisce, in quei paesi, dormire sulla semplice stuoia non che in letto.

«Il mago, dopo aver soddisfatto il padrone del luogo, uscì verso mezza notte, ed andò direttamente al romitorio di Fatima, la santa donna, nome sotto cui era conosciuta per tutta la città. Ivi non istentò molto ad aprire la porta, chiusa appena dal saliscendi; entrò senza far rumore, ed al chiarore della luna scoprì Fatima, coricata a ciel sereno, la quale dormiva sur un sofà, coperta d’una cattiva stuoia ed appoggiata alla celletta. Le si avvicinò, e sguainato il pugnale che portava al fianco, svegliolla.

«Sommo fu lo spavento della povera Fatima al vedere, aprendo gli occhi, un uomo in atto di pugnalarla! Puntandole lo stiletto al cuore, e pronto ad immergervelo: — Se gridi,» le disse, «o se osi fare il minimo rumore, ti uccido; ma alzati, e fa quello che sono per dirti. —

«Fatima, che dormiva vestita, si alzò tremando di paura. — Non temere,» tornò a dirle il mago, «non domando che il tuo abito; dammelo, e prendi il mio.» Fecero il cambio dell’abito, e quando il ribaldo ebbe indossato quello di Fatima, soggiunse: — Coloriscimi il volto come il tuo in modo ch’io ti somigli, e che il colore non si scancelli.» Vedendo che continuava a tremare, per rassicurarla, ed affinchè facesse con maggior sicurezza ciò che da lei desiderava, proseguì: — Non temere, ti ripeto; giuro, pel nome di