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il suo fratello minore, il quale non avevane ricevuto nuova da più d’un anno, e non trovavasi nell’Affrica, ma in lontano paese, volle sapere in qual sito della terra dimorasse, come stesse e cosa vi facesse. Portava anch’egli sempre con sè, al par del fratello, il suo quadrato geomantico, ovunque andasse; prende in tal pensiero il quadrato, ne accomoda la sabbia, getta i punti, ne ricava le figure, e finalmente forma l’oroscopo. Percorrendone ogni figura, trova che il fratello più non esisteva, ch’era stato avvelenato e morto subitamente; che ciò era accaduto alla China, in una capitale di quel paese, situata nel tal sito; in fine che l’uomo, il quale avevalo avvelenato, era persona di bassa condizione, sposatasi ad una principessa figliuola d’un sultano.»

— Ancora un nemico del povero Aladino,» disse la buona Dinarzade; «arriverà costui a vendicare il malvagio suo fratello? — Lo vedrai nel corso delle seguenti notti, se il sultano, mio sposo, si degna lasciarmi finire codesta storia.» Il sultano, il quale erane contento, v’accondiscese volonteroso.


NOTTE CCCXXXIX


— Sire, quando il mago ebbe per tal via conosciuta la trista fine del fratello, non perdè il tempo in vane lamentazioni che non avrebbero servito a ridonargli la vita; ma presa tosto la risoluzione di vendicarne la morte, monta a cavallo e si mette in cammino, prendendo la via della China. Traversa pianure, fiumi, montagne, deserti, e dopo lunghissimo viaggio, senza mai fermarsi in verun luogo, con fatiche e stenti incredibili, giunge finalmente alla China, e