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carta e calamaio, e che non ne senta più parlare: è vostra, ve la dono.» Altri non avevangli appena vantata qualcuna delle case, de’ bagni e de’ pubblici alberghi per forastieri, che appartenevangli e gli rendevano molto, ch’egli ne faceva loro subito donazione. Invano, la Bella Persiana rinfacciavagli il danno che ne avrebbe: invece di ascoltarla, continuava a prodigalizzare alla prima occasione quanto gli rimaneva.

«Noreddin, in una parola, altro non fece per tutto un intiero anno, che darsi buon tempo, e divertirsi, scialacquando gl’immensi beni che i suoi predecessori ed il buon visir, suo padre, avevano ammassati o conservati con tante cure e fatiche. L’anno era appena trascorso, quando un giorno si udì bussare alla porta della sala in cui sedeva a mensa. Aveva egli rimandato i suoi schiavi, e vi si era chiuso cogli amici per istarsene in maggior libertà.

«Volle un amico di Noreddin alzarsi; ma questi lo prevenne, ed andò ad aprire in persona. Era il suo maggiordomo, ed il giovane, per ascoltare cosa volesse, avanzossi alquanto fuor della sala, e ne socchiuse la porta.

«L’amico che aveva voluto alzarsi, vedendo il maggiordomo, curioso di sapere che cosa avesse da dire a Noreddin, andò a porsi fra la portiera e la porta, ed udì il maggiordomo tenere questo discorso. — Signore,» disse al padrone, «domando mille perdoni se vengo ad interrompervi in mezzo ai vostri piaceri; ma ciò che devo comunicarvi è, a quanto mi sembra, di tale importanza, che non ho creduto potermi dispensare dal prendere siffatta libertà. Ho testè finiti gli ultimi miei conti, e trovai che quanto avea da molto tempo preveduto, e del quale vi avvertii più volte, è finalmente accaduto; cioè, o signore, che non ho più uno spicciolo di tutte le somme che mi avete date per fare