Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/565


151

— Io non so,» diss’ella, «come si usa da voi quando si vuol bene e si beve insieme come noi facciamo; ma da noi, alla China, gli amanti si scambiano reciprocamente le tazze, e così bevono alla salute l’un dell’altro.» E nello stesso tempo gli presentò la tazza che teneva, allungando la mano per ricevere la sua. Affrettossi il mago a fare il cambio con gran piacere, considerando questo favore come il segno più certo d’aver conquistato il cuore della principessa, il che lo pose al colmo della felicità; ma prima di bere: — Principessa,» le disse colla tazza in mano, «debbo confessare che i nostri Affricani non sono troppo esperti nell’arte di condir l’amore con tutti i suoi diletti, quanto i Chinesi; istruendomi d’una lezione che ignorava, imparo pure sino a qual punto esser deggio sensibile alla grazia che ricevo. Non lo dimenticherò mai, amabile principessa; ho trovato, bevendo nella vostra coppa, una vita, di cui la vostra crudeltà avrebbemi fatto perdere la speranza, se avesse continuato. —

«Badrulbudur, annoiandosi del discorso, interminabile del mago: — Beviamo,» disse, interrompendolo; «ripiglierete poi quello che volevate dire.» E sì dicendo, recossi alla bocca la tazza, cui non toccò se non a fior di labbro, mentre il mago sollecitossi tanto a prevenirla, che votò la propria senza lasciarne una stilla. Avendo alquanto piegata la testa indietro per finire di votarla, onde mostrare la sua prontezza, rimase alcun tempo in quella situazione sinchè la principessa, la quale teneva sempre presso alle labbra l’orlo della coppa, vide che gli si voltavano gli occhi, e poco stante cadde rovescio senza sentimenti.

«Non ebbe la giovane bisogno di comandare che andassero ad aprire la porta segreta ad Aladino; le sue donne, che sapevano tutto, eransi collocate di distanza in distanza dal salone sino al basso della