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partamento della principessa, passeggiando alcun tempo sotto le sue finestre, nell’aspettativa che il giorno, penetrando nelle di lei stanze, la obbligasse ad alzarsi. Intanto andava tra sè cercando d’onde potesse essere provenuta la cagione della sua disgrazia, e dopo averci pensato ben bene, più non dubitò che tutto l’infortunio non gli derivasse dall’aver trascurato di tener sempre sott’occhio la sua lucerna, accusandosi di negligenza e della poca cura avuta di abbandonarla un solo istante. Ma ciò che più l’imbarazzava era di non potersi immaginare chi fosse l’invidioso della sua felicità: l’avrebbe tosto compreso, se avesse saputo ch’egli ed il suo palazzo si trovavano in Affrica; ma il genio, schiavo dell’anello, non avevagli detto nulla, e neppur egli erasene informato. Il solo nome d’Affrica avrebbegli rammentato il capital suo nemico.

«La principessa Badrulbudur alzavasi più presto che non soleva, dopo il rapimento ed il suo trasporto in Affrica per l’artifizio dello stregone, di cui era stata sin allora costretta a sopportare la vista una volta al giorno, essendo egli padrone del palazzo; ma ella l’aveva trattato sempre sì duramente, che colui non osò ancora prendersi l’ardire di venirvi a dimorare. Quando fu vestita, una delle sue donne, guardando da una gelosia, vide Aladino, e corse subito ad avvertirne la padrona. La principessa, la quale non poteva credere a tale notizia, venne sollecita a presentarsi alla finestra, e veduto anch’ella il marito, spalanca allora la gelosia; al rumore che la giovane fa nell’aprirla, Aladino alza la testa, la riconosce, e la saluta in aria esprimente l’eccesso del proprio giubilo. — Per non perder tempo,» gli dice la principessa, «sono venuti ad aprirvi la porta segreta; entrate e salite.» E chiuse la persiana.

«La porta segreta stava sotto l’appartamento della