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nato per luoghi silvestri, giunse finalmente, sul calar della sera, alla sponda d’un fiume. Ivi fu assalito da un pensiero di disperazione. — Dove andrò a cercare il mio palazzo?» chiedea fra sè. «In qual provincia, in che paese, in qual parte del mondo lo troverò, al par della mia cara principessa, che il sultano mi domanda? Giammai vi potrò riuscire; è meglio dunque che mi liberi da tante inutili pene, e da tutti i cocenti affanni che mi straziano.» E già stava per precipitarsi nel fiume, secondo la disperata risoluzione; ma credè, da buon musulmano fedele alla sua religione, di non dover eseguirla senza far prima la sua preghiera. E volendovisi preparare, accostossi al margine dell’acqua per lavarsi le mani ed il volto secondo l’uso del paese; ma essendo quel sito un po’ in pendio, e bagnato dall’onda che vi batteva, sdrucciolò, e sarebbe caduto nel fiume, se non avesse afferrato un grosso sasso sporgente fuor dalla terra circa due piedi. Fortunatamente per lui, portava ancora l’anello che il mago affricano avevagli posto in dito prima che scendesse nel sotterraneo per levarne la preziosa lucerna smarrita; talchè stropicciandolo fortemente alla pietra nell’abbrancatisi, all’istante il medesimo genio comparsogli nel sotterraneo, dove avevalo rinchiuso il mago, nuovamente gli apparve, e:

«— Che vuoi?» gli disse. «Eccomi pronto ad obbedirti come schiavo tuo e di tutti quelli che portano l’anello in dito, io e gli altri schiavi dell’anello. —

«Grata fu la sorpresa di Aladino ad un’apparizione sì inaspettata nella terribile sua disperazione, e: — Genio,» rispose, «salvami una seconda volta la vita, insegnandomi dov’è il palazzo che feci fabbricare, o facendo che sia immediatamente riportato dove si trovava. — Quanto tu chiedi,» sog-