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come s’immaginavano. — Bisogna,» dicevano, «che abbia perduto il giudizio per offrir di cambiare lucerne nuove colle vecchie. —
«Non maravigliossi il mago delle beffe de’ ragazzi, nè di tutto ciò che dir potevasi di lui, e per ismerciare la sua mercanzia, continuò a gridare: — Chi vuol cambiare vecchie lucerne con lucerne nuove?» E ripetè tanto spesso il medesimo grido, andando su e giù per la piazza, davanti al palazzo e tutto all’intorno, che la principessa Badrulbudur, la quale trovavasi allora nella sala delle ventiquattro finestre, udì la voce d’un uomo; ma siccome non poteva distinguere cosa gridasse, per lo schiamazzo de’ fanciulli che lo seguivano, ed il cui numero ognor più cresceva, mandò una schiava a vedere cosa fosse quello strepito.
«Non istette molto la schiava a tornare, ed entrò nella sala ridendo sì sgangheratamente, che la principessa non potè a meno di non ridere anch’essa guardandola. — Ebbene, pazzerella,» le disse Badrulbudur, «mi vorrai dire perchè ridi? — Principessa,» rispose la schiava sempre ridendo, «chi potrebbe trattener le risa vedendo un pazzo con un paniere sotto il braccio, pieno di lucerne tutte nuove, che non chiede di venderle, ma di cambiarle con lucerne vecchie? Sono i ragazzi, da cui trovasi tanto circondato che può camminare a stento, i quali fanno tutto il fracasso che si sente, beffeggiandolo. —
«A tale racconto, un’altra schiava, pigliando la parola: — A proposito di lucerne vecchie,» disse, «non so se la principessa abbia osservato esservene là una sulla cornice; quello, cui appartiene, non avrà dispiacere di trovarne una nuova invece della vecchia. Se la principessa vuole, può pigliarsi il divertimento di provare se quel pazzo sia veramente tanto insensato di dare una lucerna nuova in cambio d’una vecchia, senza chiedere nulla in aggiunta. —