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troppo da lontano. Gli disse d’essere andato a vedere il palazzo di Aladino, ed esageratogli tutto ciò che v’ebbe notato di più stupendo, ed ogni cosa che avevalo maggiormente colpito, e che colpiva l’universale: — La mia curiosità,» proseguì, «va più innanzi, e non sarò contento se non abbia veduto il padrone, cui appartiene sì maraviglioso edifizio. — Non vi sarà difficile vederlo,» rispose il custode; «non v’ha quasi giorno ch’ei non ne dia l’occasione quando si trova in città; ma sono tre dì ch’è partito per una gran caccia che deve durare otto giorni. —

«Il mago affricano non volle saperne di più; prese congedo dal custode, e ritirandosi, pensò fra sè: — Ecco il tempo di agire: non devo lasciarmelo scappare.» Andato alla bottega d’un fabbricatore di lucerne: — Maestro,» gli disse, «ho bisogno d’una dozzina di lucerne di rame; me le potreste somministrare?» Il venditore gli rispose che glie ne mancavano alcune, ma che se voleva aver pazienza sino alla mattina seguente, la troverebbe completa all’ora che gli piacesse. Il mago acconsentì, e raccomandatogli che fossero belle e ben brunite, dopo avergli promesso che lo pagherebbe bene, tornò al khan.

«Alla domane, la dozzina di lucerne fu consegnata al mago, il quale ne pagò il prezzo che gli fu chiesto senza detrarne uno spicciolo, le pose in un paniere, del quale erasi espressamente provveduto, e con quello sul braccio, si avviò verso il palazzo di Aladino. Allorchè ne fu vicino, si mise a gridare: — Chi vuol cambiare vecchie lucerne con lucerne nuove?

«Mano mano che inoltravasi, sì da lontano che i ragazzini, i quali stavano giuocando per la piazza, l’ebbero udito, accorsero, e gli si affollarono intorno con alto schiamazzo, riguardandolo come un pazzo; sino i passeggieri ridevano della sua sciocchezza,