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tato di cavallo, si ritirò nella propria camera, e presa la lucerna, chiamò nel solito modo il genio; questo non si fece aspettare, e subito comparso, gli offerì i propri servigi. — Genio,» disse Aladino, «ho ogni motivo di lodarmi della tua esattezza nell’eseguire puntualmente tutto ciò che finora ti richiesi, per la possanza di questa lucerna tua padrona. Oggi si tratta che, per suo amore, tu dimostri, se è possibile, maggior zelo ancora e sollecitudine che non abbia mostrato. Ti domando dunque che nel minor spazio di tempo possibile, mi faccia fabbricare, rimpetto al palazzo del sultano, ad una giusta distanza, un palazzo degno di accogliere la principessa Badrulbudur mia sposa. Ti lascio la libera scelta de’ materiali, cioè del porfido, del diaspro, dell’agata, dei lapislazzoli e del marmo più fino e svariato in colori, e del resto dell’edificio; ma intendo che nella parte più alta di esso tu faccia erigere un gran salone a cupola, a quattro facciate eguali, tutti i filari delle quali siano d’oro e d’argento massiccio, posti alternamente, con ventiquattro finestre, sei per ciascuna facciata; e che le gelosie d’ogni finestra, tranne una sola, che voglio si lasci imperfetta, siano intarsiate, con arte e simmetria, di diamanti, rubini e smeraldi, di modo che non abbiasi mai veduto nulla di simile in questo genere. Voglio pure che il palazzo sia accompagnato da una piazzetta, d’un cortile e d’un giardino; ma soprattutto vi sia, nel sito che mi dirai, un tesoro pieno d’oro e d’argento monetato. Desidero pure trovare nel palazzo cucine, dispense, magazzini, guardarobe, guarnite di suppellettili preziose per tutte le stagioni, e proporzionate alla magnificenza dell’edificio; scuderie piene de’ più bei cavalli, co’ loro scudieri e palafrenieri, senza dimenticare un equipaggio da caccia. Bisogna che vi si trovino anche ufficiali di cucina e credenza, e le schiave