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«Finito il pranzo, il sultano fe’ chiamare il primo giudice della capitale, e comandatogli di compilare il contratto nuziale della principessa Badrulbudur, sua figliuola, con Aladino, egli, per tutto quel tempo, continuò a discorrere col genero di cose indifferenti, alla presenza del gran visir e dei signori della corte, i quali ammirarono la solidità dello spirito di lui, la molta sua facilità di parlare e spiegarsi, ed i pensieri sottili e dilicati co’ quali condiva il discorso.

«Quando il giudice ebbe steso il contratto in tutte le forme volute, il sultano domandò ad Aladino se restar volesse in palazzo per terminare nello stesso giorno le cerimonie degli sponsali. — Sire,» rispose il giovane, «qualunque sia la mia impazienza di godere appieno dei favori di vostra maestà, la supplico a voler permettere che li differisca, finchè abbia fatto fabbricare un palazzo ove ricevere la principessa secondo il suo merito e la sua dignità. La prego intanto d’accordarmi un luogo conveniente nel suo, affinchè sia più a portata di farle la mia corte. Non dimenticherà nulla onde far in modo che il mio sia finito colla maggior sollecitudine. — Figlio,» soggiunse il sultano, «prendete tutta l’area che stimate opportuna; lo spazio è troppo grande davanti al mio palazzo, ed io medesimo aveva già pensato a riempirlo; però, ricordatevi che sono impaziente di vedervi unito alla mia figliuola, per mettere il colmo alla mia contentezza.» Sì dicendo, abbracciò di nuovo Aladino, il quale accommiatossi dal sultano colla medesima civiltà come se fosse stato educato, ed avesse sempre vissuto alla corte.

«Risalito il giovane a cavallo, tornò a casa col medesimo ordine onde n’era venuto, in mezzo alla stessa calca ed alle acclamazioni del popolo che auguravagli ogni sorta di prosperità. Entrato in casa, e smon-