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disse, «ricevo gli onori che la maestà vostra mi rende, perchè ha la bontà di degnarsi di farmeli; ma mi permetterà di dirle ch’io non ho dimenticato d’essere nato suo schiavo, che conosco la grandezza del suo potere, nè ignoro quanto la mìa nascita sia inferiore allo splendore ed al lustro del grado supremo cui ella è innalzata. Se v’ha alcun lato,» continuava, «pel quale possa aver meritato sì favorevole accoglienza, confesso non doverlo se non all’ardire, che un mero caso fece nascere in me, di sollevare gli occhi, i pensieri e le brame sino alla divina principessa che forma l’oggetto de’ miei voti. Domando perdono alla maestà vostra della mia temerità; ma non so dissimulare che morrei di dolore, se perdessi la speranza di vederne il compimento.

«— Giovane,» rispose il sultano, abbracciandolo una seconda volta, «mi fareste torto dubitando un sol momento della sincerità della mia parola. Troppo cara m’è ormai la vostra vita per non conservarvela, presentandovi il rimedio che sta a mia disposizione. Preferisco il piacere di vedervi e sentirvi, a tutti i miei tesori uniti ai vostri. —

«Ciò detto, il sultano fece un cenno, e subito si udì rimbombar l’aere del suono delle trombe, degli oboè e de’ timballi, e nel tempo medesimo il sultano condusse Aladino in una magnifica sala, dove fu servito un sontuoso banchetto. Il sultano mangiò solo col giovane; il gran visir ed i signori della corte, ciascuno secondo la dignità ed il grado loro, li accompagnarono durante il pasto. Il sultano, il quale teneva di continuo gli occhi sopra Aladino, tanto dilettavasi al vederlo, fe’ cadere il discorso su vari argomenti, e nella conversazione che ebbero insieme mentre sedevano a desco, su qualunque materia lo mettesse, il giovane parlò con tanta cognizione e saviezza, che terminò di confermare il sultano nella buona opinione alla prima già per lui concepita.