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persone distinte che vi si fermavano, e vi capitavano come ad una specie di convegno; e quei discorsi a poco a poco gli diedero qualche nozione della società.

«Quando nulla più rimase delle dieci pezze d’oro, Aladino ebbe ricorso alla lucerna, e presala in mano, cercando il sito toccato dalla madre, come l’ebbe riconosciuto dall’impressione lasciatavi dalla sabbia, la fregò com’ella aveva fatto, e subito gli sì presentò davanti il medesimo genio già comparso; ma avendo Aladino fregata la lampada più leggermente della genitrice, lo spirito gli parlò pure con più dolce accento.

«— Che vuoi?» gli disse negli stessi termini di prima; «eccomi pronto ad obbedirti come schiavo tuo e di tutti quelli che hanno la lucerna in mano, io e gli altri schiavi della lucerna!

«— Ho fame,» gli rispose Aladino; «recami da mangiare.» Il genio disparve, ed in breve ricomparì, carico d’un servizio da tavola simile a quello portato la prima volta; lo depose sul sofà, e nel punto stesso nuovamente scomparve.

«La madre di Aladino, avvertita del disegno di suo figlio, era espressamente uscita di casa per qualche faccenda, onde non trovarvisi al tempo dell’apparizione del genio; tornata alquanto dopo, vide la tavola e la credenza ben guarnite, e rimase sorpresa dell’effetto maraviglioso della lucerna, quanto la prima volta. Aladino si pose quindi a tavola con lei, e dopo il pranzo, rimase loro ancora di che vivere lautamente i due giorni seguenti.

«Appena il giovane vide non esservi più in casa nè pane, nè altre provvisioni, nè denaro per procurarsene, prese un piatto d’argento, ed andò a cercar l’Ebreo che conosceva, per venderglielo. Strada facendo, passò davanti alla bottega d’un orefice rispettabile per vecchiaia, uomo onesto e probo, il quale,