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resistenza del giovane, montò in tremenda furia: gettò un po’ del suo profumo sul fuoco che avea avuto cura di attizzare, ed appena ebbe proferite due parole magiche, la pietra, che serviva a turare l’ingresso della buca, si ripose da sè medesima al suo posto, colla terra al disopra, nello stato medesimo in cui trovatasi all’arrivo del mago e di Aladino.»


NOTTE CCCXV


— Sire,» continuò a raccontare Scheherazade, «certo è che il mago affricano non era fratello di Mustafà il sartore, come se n’era vantato, nè per conseguenza zio di Aladino. Era veramente nativo dell’Affrica, ed essendo quello un paese, dove vanno più pazzi della magia che in tutti gli altri luoghi, vi si era fin dalla gioventù dedicato, e dopo quarant’anni o circa d’incantesimi, d’operazioni di geomanzia, di fumigazioni e di letture di libri magici, era finalmente giunto a scoprire esistere al mondo una lucerna maravigliosa, il cui possesso avrebbelo reso più potente di tutti i monarchi dell’universo. Mediante un’ultima operazione di geomanzia, aveva conosciuto che questa lucerna stava in un sotterraneo, nel mezzo della China, nel sito e con tutte le circostanze che vedemmo. Convinto intimamente della verità di tale scoperta, era partito, come abbiam detto, dall’estremità dell’Affrica, e giunto, dopo lungo e penoso viaggio, alla città tanto vicina al tesoro; ma benchè la lampada fosse certamente nel luogo onde avea cognizione, pur non eragli concesso di levarla egli medesimo, nè di entrare in persona nel sotterraneo dove trovavasi. Bisognava