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lo,» gli disse dopo simile istruzione, «scendete arditamente; stiamo per diventar ricchi amendue per tutta la nostra vita.»
La sultana, destata un po’ tardi dalla sorella, non ne disse di più per quella notte, ma la domane potè continuare di tal guisa:
NOTTE CCCXIV
— Aladino balzò leggermente nella buca, e sceso fino al basso della scala, trovò le tre sale delle quali il mago avevagli fatta la descrizione. Vi passò in mezzo con tanta maggior precauzione perchè temeva di morire se non avesse scrupolosamente osservato ciò ch’eragli stato prescritto. Attraversò senza fermarsi il giardino, salì sulla terrazza, prese dalla nicchia la lampada accesa, e versatone il lucignolo ed il liquido, vedendola senza umidità, come il mago avevagli predetto, se la pose in seno; sceso quindi dalla terrazza, si fermò nel giardino a considerarne gli alberi, tutti carichi di frutti straordinari, che non aveva veduti se non passando. Ogni pianta ne portava di colori diversi: ve ne aveano di bianchi, di scintillanti e trasparenti come il cristallo; di rossi, questi più carichi, quelli meno; di verdi, azzurri, violetti, giallognoli, e di varie altre sorta di colori. I bianchi erano perle; i rutilanti e trasparenti, diamanti; i rossi carichi, rubini; quelli meno scuri, rubini balasci; i verdi, smeraldi; gli azzurri, turchesi; i violetti, amatisti; i giallognoli, zaffiri, e così degli altri. Quei frutti erano tutti d’una grossezza e perfezione superiore a quanto erasi ancor veduto. Aladino, il quale non ne conosceva il merito, nè il