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de’ credenti colla insigne menzogna che ha loro riferita! Bisogna, figliuola mia,» disse poi, volgendosi alla mesta, «che vi narri la cattiveria e l’impostura di quell’iniquo schiavo, il quale ha sostenuto alla nostra buona padrona, con inconcepibile sfrontatezza, che voi eravate morta, e che Abu Hassan viveva!

«— Aimè! mia buona madre,» sclamò allora la giovane, «volesse Iddio ch’ei dicesse il vero! Non sarei nell’afflizione in cui mi vedete, e non piangerei uno sposo tanto a me caro.» Terminando queste parole, si scioglieva in lagrime, e mostrava maggior desolazione raddoppiando i pianti e le grida.

«Intenerita la nutrice dalle lagrime di Nuzhatul-Auadat, le sedè vicino, e mescolandovi le proprie, si avvicinò insensibilmente alla testa del morto, ne sollevò alquanto il turbante, e gli scoprì il volto per vedere di riconoscerlo. — Ah, povero Abu Hassan!» disse subito, ricoprendolo; «prego Iddio che v’abbia nella sua misericordia! Addio, figliuola,» soggiunse all’afflitta vedova; «se potessi tenervi compagnia più a lungo, lo farei con tutto il cuore; ma non posso fermarmi più oltre: il dovere mi costringe ad andar sollecitamente a liberare la nostra buona padrona dalla dolorosa inquietudine, in cui la immerse quel negro malnato coll’impudente sua menzogna, assicurando, anche con giuramento, che eravate morta. —

«Appena la nutrice di Zobeide ebbe chiusa, uscendo, la porta, Nuzhatul-Auadat, la quale ben giudicava che più non tornerebbe, tanta erane la fretta di recarsi dalla principessa, asciugò le lagrime, e sbarazzato al più presto il marito di quanto aveva intorno, andarono ambedue a riprendere il loro posto sul sofà presso alla gelosia, attendendo tranquilli il fine di quella burla, e sempre pronti a trarsi d’impaccio, da qualunque lato si volessero prendere.