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signore,» ripigliò subito Zobeide, con pari serietà; «invece è Abu Hassan. Non mi darete ad intendere ciò che non è. —

«Salì il fuoco al volto del califfo per la collera, sedette sul sofà lungi dalla principessa, e volgendosi a Mesrur: — Va sul momento a vedere,» gli disse, «chi è morto dei due, e vieni tosto a dirmelo. Sebbene io sia certissimo che la morta sia Nuzhatul-Auadat, pure preferisco prendere questo partito, che ostinarmi di più d’una cosa che m’è perfettamente nota. —

«Non aveva il califfo finito, che già Mesrur era andato. — Vedrete,» continuò quindi, volgendo la parola a Zobeide, «fra un momento chi di noi due abbia ragione.

«— Per me,» rispose Zobeide, «so benissimo che la ragione sta dalla mia parte, e voi medesimo vedrete che Abu Hassan è il morto, come v’ho detto.

«— Ed io,» soggiunse il califfo, «sono sì certo essere Nuzhatul-Auadat, che son pronto a scommettere con voi quanto vorrete ch’essa non è più al mondo, e che Abu Hassan sta bene.

«— Non crediate di smovermi,» replicò Zobeide; «accetto la scommessa. Sono tanto persuasa della morte di Abu Hassan, che scommetto volontieri quanto ho di più caro contro ciò che vorrete, quand’anche sia di poco valore. Voi non ignorate che cosa abbia a mia disposizione, nè che cosa io più ami secondo le mie inclinazioni; scegliete e proponete: io darò il mio consenso, qualunque conseguenza ne possa accadere.

«— In tal caso,» disse allora il califfo, «scommetto dunque il mio giardino di Delizie contro il vostro palazzo delle Pitture: l’uno val ben l’altro. — Non si tratta di sapere,» rispose Zobeide, «se il vostro giardino valga più del mio palazzo: ciò poco mi cale. Si tratta che avete scelto quello che vi piacque delle cose che m’appartengono, come equivalente di quanto