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il cuore sì angosciato, da non poter proseguire, e proruppe in lagrime. Il califfo comprese che veniva ad annunziargli la morte della moglie, e ne parve sommamente commosso. — Iddio t’abbia nella sua misericordia!» gli disse in accento esternante quanto glie ne dispiacesse. «Era una buona schiava, e noi te l’avevamo data, Zobeide ed io, coll’intenzione di farti piacere; essa meritava di vivere molto tempo.» Allora gli scorsero le lagrime dagli occhi, e fu costretto a prendere il fazzoletto per asciugarle.

«Il dolore di Abu Hassan e le lagrime del califfo ne fecero versar puro al gran visir Giafar ed agli altri visiri, che piansero tutti la morte di Nuzhatul-Auadat, la quale, da parte sua, stava in grande impazienza di udire come il consorte sarebbe riuscito.

«Il califfo ebbe del marito il medesimo pensiero che Zobeide aveva avuto della moglie, immaginandosi che potesse esser egli la cagione della di lei morte. — Disgraziato,» gli disse con accento di sdegno, «fosti tu a far morire co’ tuoi maltrattamenti tua moglie! Ah! non ne dubito. Dovevi almeno avere qualche considerazione per la principessa Zobeide, mia sposa, che l’amava più dell’altre sue schiave, e che si degnò privarsene per cedertela. Ecco un bel segno della tua riconoscenza!

«— Commendatore de’ credenti,» rispose Abu Hassan, fingendo di piangere più amaramente di prima, «può mai vostra maestà nutrire un sol momento il pensiero che Abu Hassan, da lei colmato delle sue grazie e di benefizi, ed al quale fece onori cui egli non avrebbe mai osato aspirare, abbia potuto essere capace di sì nera ingratitudine? Io amava Nuzhatul-Auadat, mia sposa, e per codesti motivi e per tante altre belle sue qualità, ch’erano cagione ch’io avessi sempre per lei tutto l’affetto, tutta la tenerezza e tutto l’amore che meritava. Ma,» soggiunse, «essa