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di tre settimane, durante le quali il custode non mancò di regalarmi ogni giorno di cinquanta nervate. E vorreste che tutto questo fosse sogno? Voi burlate.

«— Commendatore de’ credenti,» tornò a dire Stella Mattutina, «noi siamo pronte, quante qui siamo, a giurare, per quello che vostra maestà ha di più caro, che tutto ciò ch’ella dice è un mero sogno. Ella da ieri in poi non è uscita da questa sala, e non ha cessato di dormire tutta la notte fino al presente. —

«La sicurezza con cui quella dama accertava ad Abu Hassan esser vero tutto ciò ch’ella gli diceva, e ch’egli non era uscito dalla sala dacchè eravi entrato, lo immerse di nuovo in tal perplessità da non saper cosa credere di ciò ch’egli fosse e di ciò che vedeva. Rimasto alcun tempo inabissato ne’ propri pensieri: — O cielo!» diceva fra sè; «son io Abu Hassan od il Commendatore dei credenti? Dio onnipotente, illumina il mio intelletto: fammi conoscere la verità, acciò sappia come possa contenermi.» Scoprissi poscia le spalle ancora tutte livide dalle percosse ricevute, e mostrandole alle dame: — Guardate,» disse loro, «e giudicate se ferite simili possono venire in sogno. Quanto a me, posso assicurarvi che furono realissime, ed il dolore che ne risento ancora, mi è sicuro garante che non mi permette di dubitarne. Ma pure, se ciò mi fosse accaduto dormendo, sarebbe la cosa del mondo più straordinaria e maravigliosa, e vi confesso che supera il mio intendimento. —

«Nell’incertezza in cui Abu Hassan si trovava, chiamato un officiale del califfo, che gli stava accanto: — Avvicinatevi,» gli disse, «e morsicatemi la punta dell’orecchia, acciò giudichi se dormo oppure son desto.» Accostossi l’officiale, gli prese fra’ denti la punta dell’orecchia, e gliela strinse sì forte, che Abu Hassan proruppe in uno spaventevole strido.