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fare, alla compagnia d’una donna, la quale non sarebbe forse di tal bellezza da piacermi, e d’altra parte mi cagionerebbe mille disgusti colle sue imperfezioni ed il suo mal umore. —

«Spinsero fra loro la conversazione assai innanzi su tal argomento, ed il califfo, il quale vide l’ospite al punto in cui lo desiderava: — Lasciatemi fare,» gli disse; «poichè avete il buon gusto di tutti gli onesti uomini, voglio trovarvi il fatto vostro, e non vi costerà nulla.» All’istante, prese la bottiglia e la tazza di Abu Hassan, nella quale gettato destramente un pizzico della polvere di cui erasi già servito, gliela colmò di vino, e presentandogliela: — Prendete,» continuò, «e bevete anticipatamente alla salute della bella che formar deve la felicità della vostra vita; ne sarete contento. —

«Il giovane prese la tazza ridendo, e crollando la testa: — Avvenga quel che può,» disse, «poichè lo volete, non saprei commettere un’inciviltà, nè disgustare un ospite del vostro merito per cosa di poca conseguenza. Eccomi dunque a bere alla salute della bella che mi promettete, benchè, contento della mia sorte, non faccia alcun fondamento sulla vostra promessa. —

«Non appena ebbe Abu Hassan votata la tazza, che un profondo sopore s’impossessò, come l’altre due volte, de’ suoi sensi, ed il califfo trovossi di nuovo padrone di disporre di lui a proprio talento: allora ordinò tosto allo schiavo, venuto seco lui, di prendere Abu Hassan e portarlo al palazzo. Lo schiavo obbedì; ed il califfo, che non aveva, come la prima volta, intenzione di rimandar l’ospite, chiuse, uscendo, la porta della stanza.

«Lo schiavo lo seguì col suo carico, e quando il califfo fu giunto al palazzo, fece coricare Abu Hassan sur un sofà nella quarta sala d’onde avealo fatto ri-