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senza orrore: ebbe compassione del povero diavolo, e fu spiacentissimo che la burla fosse stata spinta tant’oltre. Rientrò tosto in sè medesimo, ed abbracciando di tutto cuore Abu Hassan: — Alzatevi, ve ne supplico, mio caro fratello,» gli disse colla massima serietà, «venite, ed andiamo a casa vostra; bramo aver nuovamente il piacere di star allegro stasera con voi. Domani, se lo permette Iddio, vedrete che tutto andrà per la meglio. —

«Abu Hassan, ad onta della sua risoluzione e contro il giuramento fatto di non ricevere più in casa per la seconda volta il medesimo forestiero, non seppe resistere alle carezze del califfo, cui sempre prendeva per un mercante di Mussul. — Acconsento,» diss’egli al falso mercante; «ma,» soggiunse, «ad una condizione che v’impegnerete con giuramento di osservare; ed è di farmi la grazia di chiudere, uscendo di casa mia, la porta della mia stanza, affinchè il demonio non venga a sconvolgermi il cervello come fece la prima volta,» Il falso mercante promise tutto, ed alzatisi amendue, s’avviarono verso la città. Il califfo, per rincorare viemaggiormente Abu Hassan: — Abbiate fiducia in me,» gli disse; «non vi mancherò di parola, ve lo prometto da uomo d’onore. Dopo di ciò non dovete esitare a fidarvi in una persona par mia, la quale vi augura ogni sorta di beni e di prosperità, e di cui vedrete gli effetti.

«— Non vi domando questo,» rispose l’altro, fermandosi d’improvviso; «mi arrendo di buon cuore alle vostre importunità, ma vi dispenso dai vostri augurii, e vi scongiuro in nome di Dio di non farmene alcuno. Tutto il male che mi è finora accaduta, non ebbe origine, insieme alla porta aperta, se non da quelli che già mi faceste.

«— Or bene,» replicò il califfo, ridendo fra sè dell’immaginazione sempre offesa di Abu Hassan,