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buttava con tanta furia, che vedevasi costretta a lasciarlo, e tornarsene inconsolabile, scorgendolo ostinato in quella fissazione.
«Se non che le idee forti e sensibili da Abu Hassan conservate nello spirito, d’essersi veduto rivestito degli abiti di califfo, di averne realmente esercitate le funzioni, d’aver usato della sua autorità, e d’essere stato obbedito e trattato da vero califfo, le quali idee, al suo svegliarsi, lo avevano persuaso di esserlo infatti, facendolo poi sì a lungo persistere in tal errore, cominciarono insensibilmente a dileguarsegli dalla mente.
«— Se fossi califfo e Commendatore de’ credenti,» diceva talvolta fra sè, «perchè, svegliandomi, mi sarei trovato in casa mia, e vestito del solito mio abito? Perchè non mi sarei veduto circondato dal capo degli eunuchi, da tanti altri eunuchi e da una infinità di belle dame? Perchè il gran visir Giafar, che vidi ai miei piedi, tanti emiri, tanti governatori di province e tanti altri officiali, da’ quali mi trovava circondato, mi avrebbero abbandonato? È molto tempo, senza dubbio, che mi avrebbero liberato dal miserando stato in cui mi trovo, se esercitassi su di loro qualche autorità. Tutto ciò non fu che un sogno, e non devo far difficoltà a crederlo. Ho comandato, è vero, al giudice di polizia di castigare l’imano ed i quattro vecchioni del suo consiglio; ho ordinato al gran visir Giafar di portare mille pezze d’oro a mia madre, ed i miei ordini vennero eseguiti. Questo mi mette in dubbio, e non ci capisco nulla. Ma quante altre cose non vi sono che non comprendo, e che non comprenderò mai? Mi rimetto dunque nelle mani di Dio, che sa e conosce tutto.»
La sultana, scorgendo spuntare il fulgid’astro, tacque, ed il sultano alzossi con un desiderio sempre maggiore di ascoltar la continuazione di sì dilettevole