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degli altri vicini che l’accompagnavano. Quindi: — Chi è questo Abu Hassan del quale parlate?» chiese. «Son io che chiamate con tal nome? —
«Simile domanda sconcertò alquanto i vicini. — Come!» ripigliò quello che aveva già parlato; «non conosceto dunque più questa donna per colei che v’ha allevato, e colla quale vi abbiamo sempre veduto insieme: in una parola per vostra madre? — Siete tanti impertinenti,» replicò il furibondo; «io non la conosco, come neppure voi altri, e non voglio conoscerla. Non sono Abu Hassan; sono il Commendatore de’ credenti, e se lo ignorate, ve lo insegnerò a vostre spese. —
«A tale discorso, i vicini più non dubitarono della pazzia del giovane; e, ad impedire che non venisse ad altre estremità simili a quelle commesse contro la madre, afferratolo, ad onta della sua resistenza, lo legarono in modo di togliergli l’uso delle braccia, delle mani e de’ piedi; in quello stato, e fuor d’apparenza di poter nuocere, non giudicarono ancora opportuno di lasciarlo colla madre. Due della compagnia staccaronsi pertanto, e recatisi in tutta fretta all’ospizio de’ pazzi ad avvertire dell’accaduto il custode, questi giunse subito coi vicini, accompagnato da buona scorta d’inservienti, muniti di catene, di manette e d’un nervo di bue.
«Al loro arrivo, il giovane, il quale non aspettavasi sì spaventoso apparato, fece grandi sforzi per isciogliersi; ma il custode, ch’erasi fatto dare il nervo di bue, lo pose ben presto al dovere con due o tre buone nervate sulle spalle: Abu Hassan fu tanto sensibile a quel maltrattamento, che si acquetò, ed il custode, aiutato da’ suoi, fecero di lui ciò che vollero. Lo incatenarono, e messigli manette e ceppi, lo condussero all’ospedale.
«Non appena Abu Hassan si trovò nella strada,