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cipio sino alla fine. La trovò egli sì bella, che gliela fece replicare, e non fu meno dilettato la seconda della prima volta.

«Finito il canto, Abu Hassan, che voleva lodare la dama come meritava, votò prima il bicchiere tutto d’un sorso. Poi, volgendo la testa alla bella donna come per parlarle, ne fu impedito dalla polvere, la quale fece sì repentinamente il suo effetto, che non potè se non aprire la bocca balbettando. Tosto gli si chiusero gli occhi e lasciando cader la testa sino sulla tavola, come uomo vinto dal sonno, si addormentò dello stesso profondo sopore del giorno precedente, circa alla medesima ora, in cui il califfo avevagli amministrato di quella polvere stessa; nel medesimo istante fu pronta una dama, che gli stava vicino, a prendere il bicchiere, cui si lasciò cadere di mano. Il califfo, il quale erasi dato da se quel divertimento con una soddisfazione superiore di quanta mai se ne fosse ripromessa, ed era stato spettatore dell’ultima scena, come d’ogni altra che Abu Hassan avevagli data, uscì dal luogo dove stava, e comparve nella sala tutto allegro d’essere sì ben riuscito nell’immaginato piano. Comandò primieramente che, spogliato Hassan dell’abito di califfo, di cui vestito lo aveano la mattina, gli rimettessero quello che indossava ventiquattr’ore prima, quando lo schiavo che l’accompagnava avevalo portato nel suo palazzo; quindi, fatto venire lo schiavo stesso, appena si fu questo presentato: — Riprendi.» gli disse, «quell’uomo, e tornalo a portare a casa sua sul suo sofà, senza far rumore; e ritirandoti, lascia egualmente aperta la porta.»

— Confesso,» disse il sultano alla sposa, la quale cessava di parlare, «che il califfo Aaron-al-Raschid conosceva assai bene l’arte di variare i propri piaceri. Sono curioso di sapere che cosa fece Abu Hassan quan-