Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/351


329

Scheherazade cessò di parlare; il suo racconto era stato più lungo del solito, con grande soddisfazione del sultano, che quella storia divertiva assai. Il giorno seguente, essa la ripigliò in codesti sensi:


NOTTE CCXCIII


— Mesrur, il quale non aveva mai abbandonato Abu Hassan, andò innanzi, introducendolo in una sala simile in ampiezza a quella d’onde usciva, ma adorna di molte pitture de’ migliori artisti, ed arricchita di vasi dell’uno e dell’altro metallo, di tappeti e di altri mobili più preziosi. Eranvi in questa sala sette compagnie di cantatrici, diverse da quelle che trovavansi nella prima sala, e queste sette compagnie o piuttosto cori di musica cominciarono, appena comparve Hassan, un nuovo concerto. La sala era adorna di sette altri grandi lampadari, e la tavola del mezzo vedeasi coperta da sette grandi bacili d’oro, pieni a piramide d’ogni sorta di frutti della stagione, i più belli, scelti e squisiti che si potessero desiderare; intorno stavano sette altre giovani dame, ciascuna col ventaglio in mano, che superavano in leggiadria le prime.

«Que’ nuovi oggetti gettarono Abu Hassan in un’ammirazione maggiore di prima, e fecero che, fermandosi, prorompesse nei segni più sensibili di sorpresa e di stupore. Inoltrossi finalmente sino alla mensa, e quando vi fu seduto e ch’ebbe contemplate a bell’agio le sette dame, con un imbarazzo dinotante non saper egli a chi dare la preferenza, ordinò loro di lasciar i ventagli, per mettersi a tavola con lui,