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persona, e che sia obbedito in tutto ciò che comanderà. Non gli si neghi nulla di quanto possa chiedere, e non lo si contraddica in checchessia di ciò che potesse dire o desiderare. In tutte le occasioni nelle quali farà d’uopo di parlargli o rispondere, non si manchi di trattarlo da Commendatore de’ credenti. In una parola, esigo che non si pensi più alla mia persona in tutto il tempo che si starà presso di lui, come s’egli fosse veramente quello che son io, cioè il califfo ed il Commendatore de’ credenti. Soprattutto abbiasi cura di non isbagliare nella minima circostanza. —

«Gli officiali e le dame, i quali compresero alla prima che il califfo voleva divertirsi, non risposero se non con un profondo inchino; e da quel punto ciascuno si preparò a contribuire con ogni potere, in tutto ciò ch’era di sua attribuzione, a ben rappresentare la propria parte.

«Rientrando nel palazzo, il califfo aveva mandato a chiamare il gran visir Giafar per mezzo del primo officiale in cui erasi incontrato, e quel primo ministro essendo comparso, egli gli disse: — Giafar, ti ho fatto chiamare per avvertirti di non sorprenderti quando, domani vedrai, entrando nella sala d’udienza, l’uomo che vedi coricato sul mio letto, seduto sul mio trono co’ miei abiti di cerimonia. Presentati coi medesimi riguardi e col rispetto stesso che suoli aver per me, trattandolo pure da Commendatore de’ credenti. Ascolta ed eseguisci puntualmente tutto quello ch’ei ti comanderà, come se io medesimo te lo imponessi. Non mancherà di far liberalità e d’incaricarti della distribuzione: fa pure tutto ciò che ti ordinerà, quand’anche si trattasse di esaurire tutto il mio tesoro. Ricordati inoltre di avvertire i miei emiri, gli uscieri e tutti gli altri officiali esterni del palazzo, di rendergli domani, alla pubblica udienza, i medesimi onori come alla mia