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rose esibizioni. Ma, in fede di galantuomo, posso assicurarvi che non ho nò dispiaceri, nè affari, nè desiderii, e che nulla domando ad alcuno. Non ho la minima ambizione, come già vi dissi, e sono contentissimo della mia sorte. Perciò non mi resta che ringraziarvi, non solo delle vostre gentili offerte, ma eziandio della compiacenza avuta di farmi l’onore di venir ad assistere ad una cattiva cena in casa mia. Vi dirò tuttavia,» continuò Abu Hassan, «che una cosa sola mi reca disturbo, senza però che giunga a turbare la mia quiete. Saprete che la città di Bagdad è divisa in rioni, e che in ciascuno di questi v’ha un imano per fare all’ore solite la preghiera, alla testa di tutto il quartiere che vi si raduna. Il nostro imano è un gran vecchione, di faccia austera ed ipocrita perfetto, se mai ve ne furono al mondo. Si è associato, per consiglieri, quattro altri barboni, miei vicini, gente all’incirca del suo valore, che si riuniscono presso di lui regolarmente ogni giorno; e nei loro conciliaboli non v’è maldicenza, calunnia e malizia che non mettano in opra contro di me e tutto il quartiere, per turbarne la pace e farvi regnare la discordia. Rendonsi temuti a questi, minacciano quelli; vogliono infino farsi i padroni, e che ciascuno si regga secondo il capriccio di costoro, che non sanno governar sè medesimi. Per dir la verità, duolmi assai di vedere che si mescolino di tutt’altra cosa fuorchè del loro Corano, e che non lascino vivere la gente in pace.

«— Or bene,» riprese il califfo, «voi vorreste probabilmente trovar un mezzo onde arrestare il corso di tal disordine? — L’avete detto,» rispose Abu Hassan; «la sola cosa che a tal uopo chiederei a Dio, sarebbe di essere califfo in luogo del Commendatore de’ credenti, Aaron-al-Raschid, nostro sovrano signore e padrone, per un solo giorno. — E che cosa fare-