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naro che andava spendendo a piene mani, li trattava splendidamente ogni giorno in modo che nulla mandava ai nostri divertimenti. Ma la durata non ne fu lunga. Non trovai più nulla nello scrigno quando fummo alla fine dell’anno, e nel tempo medesimo tutti i miei amici di tavola scomparvero. Andai a trovarli ad uno ad uno, rappresentando loro il misero stato in cui era caduto; ma nessuno si offerse di aiutarmi. Rinunciai dunque alla loro amicizia, e ridottomi a non più ispendere che le sole mie rendite, giurai di non aver più società fuorchè col primo straniero che incontrassi ogni giorno al suo arrivo in Bagdad, sotto condizione di non trattarlo che quel giorno solo. V’ho già informato del resto, e ringrazio la mia buona fortuna d’avermi oggi fatto capitare un forastiero del vostro merito. —

«Il califfo, soddisfattissimo di quegli schiarimenti, disse all’ospite: — Non so lodarvi abbastanza del buon partito, cui vi appigliaste con tanta prudenza, prima di gettarvi allo stravizzo ed esservi condotto in guisa sì poco comune alla gioventù, e vi stimo eziandio per essere stato fedele a voi medesimo al punto che lo foste. Il passo era assai lubrico, e non potrei abbastanza ammirare come, dopo aver sciacquato tutto il vostro denaro, abbiate avuta sufficiente fermezza per non dissipare la rendita ed i vostri fondi ancora. Per dirvi quello che ne penso, sostengo che siete il primo e solo spensierato al quale sia accaduta simile cosa, ed a cui accadrà forse mai. Vi confesso, infine, che invidio la vostra felicità. Siete il più felice mortale che v’abbia sulla terra, avendo ogni giorno la compagnia d’un uomo onesto, col quale potete gradevolmente conversare, dandogli così motivo di pubblicare dovunque la buona accoglienza che gli fate. Ma nè voi, ned io ci avvediamo di aver parlato troppo senza bere: bevete, e poscia versate-