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casa mia questa notte onde procurar di rimettervi dalla stanchezza del viaggio.» E all’uopo di viemaggiormente obbligarlo a non negargli la grazia cui domandava, gli spiegò in poche parole l’uso preso di ricevere ogni giorno in casa sua, per quanto gli fosse possibile, e per una notte soltanto, il primo forestiere che capitasse.

«Trovò il califfo alcun che di così singolare nella bizzarria del gusto di Abu Hassan, che s’invogliò di conoscerlo a fondo; e senza uscire dal carattere di mercante, gli esternò che non saprebbe meglio corrispondere a tanta gentilezza, alla quale non aspettavasi al suo arrivo in Bagdad, se non accettando la cortese offerta, e che non avea se non a mostrargli la via, essendo disposto a seguirlo.

«Abu Hassan, ignorando che l’ospite, cui il caso aveagli presentato, fosse tanto al di sopra di lui, trattò il califfo come suo eguale; lo condusse in propria casa, ed introdottolo in una stanza decentemente addobbata, lo fece sedere sul sofà al posto d’onore. La cena era pronta e la tavola ammannita. La madre di Abu Hassan, che assai bene s’intendeva di cucina, servì tre piatti: uno in mezzo, con un buon cappone, fiancheggiato da quattro grossi polli, e due altri dai lati, che servivano di tramesso, contenenti l’uno un’oca grassa, il secondo piccioncini in ragù. Non c’era altro, ma quelle vivande erano scelte e di gusto squisito.

«Abu Hassan si pose a mensa rimpetto all’ospite, ed amendue cominciarono a mangiar di buon appetito, prendendo ciascuno ciò che più gli talentava senza parlare e senza bere, secondo l’uso del paese. Finito ch’ebbero di mangiare, lo schiavo del califfo presentò loro da lavarsi, e frattanto la madre del giovane avendo sparecchiato, recò varie sorta di frutta della stagione, come uva, pesche, mele, pere e varie specie