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fece una legge indispensabile, cui promise d’osservare inviolabilmente, di nulla spendere al di là di detta somma, nel licenzioso tenore di vita ch’erasi proposto.

«Con tale idea, Abu Hassan si fece in pochi giorni una compagnia di persone all’incirca dell’età e della sua condizione, e più non pensò se non a passar piacevolmente seco loro il tempo. A tal uopo, non si contentava di convitarli giorno e notte, e dar loro splendidi banchetti, ne’ quali i cibi più deliziosi ed i più squisiti vini erano serviti in copia; ma vi univa ancora la musica, facendo venire i migliori soggetti d’ambo i sessi. La giovane brigata, da parte propria, col bicchiere in mano, mescolava talvolta le sue canzoni a quelle de’ musici, e pareva che tutti assieme si accordassero cogli stromenti de’ quali accompagnavansi. Di solito quelle feste univano in balli, dove i migliori danzatori ed istrioni d’ambo i sessi della città di Bagdad facevano la loro comparsa. Tutti que’ divertimenti, rinnovati ogni giorno da nuovi piaceri, travolsero Abu Hassan in ispese sì prodigiose, che non potè continuare oltre l’anno tanto scialacquo: l’anno e la grossa somma, a quella prodigalità consecrata, terminarono insieme. Cessato ch’ebbe di tener tavola aperta, gli amici disparvero; il giovane non li incontrava nemmeno in qualunque luogo andasse: infatti, lo cansavano appena lo scoprivano, e se per caso ne raggiungeva qualcuno o volea fermarlo, costui se ne scusava sotto vari pretesti.

«Abu Hassan fu più sensibile per la strana condotta degli amici, i quali, dopo tante dimostrazioni e proteste d’amicizia, abbandonavanlo con tanta indegnità ed ingratitudine, che non per tutto il denaro scialacquato seco loro sì male a proposito. Tristo, pensieroso, a testa bassa e col volto sul quale stava dipinto in tetro dispetto, entrò nelle stanze della madre, e sedè sul sofà, assai lontano da lei.