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ispiravano loro, chiesero al figlio di Piruzè per qual miracolo fosse ancora al mondo.
«Rispose che un contadino a cavallo d’una mula, essendo per caso entrato nella tenda in cui egli trovavasi svenuto, e vedendolo solo e trafitto di mille colpi, lo aveva legato sulla bestia, e condotto a casa sua, ivi applicando sulle di lui ferite certe erbe masticate, le quali aveanlo ristabilito in pochi giorni. — Allorchè mi vidi guarito,» soggiunse, «ringraziai il contadino, e gli donai tutti i diamanti che mi trovava in dosso. Accostatomi quindi alla città di Harran, ed avendo inteso per via che alcuni principi vicini, radunate molte soldatesche, già piombavano sui sudditi del re, mi feci conoscere ne’ villaggi, ed eccitai lo zelo de’ suoi popoli a prenderne la difesa. Armato buon numero di giovani, e postomi alla loro testa, giunsi appunto quando i due eserciti stavano alle mani. —
«Finito ch’egli ebbe di parlare, il re disse: — Ringraziamo Iddio per averci conservato Kodadad; ma è d’uopo che i traditori, i quali volevano ucciderlo, oggi periscano. — Sire,» riprese il generoso figliuolo di Piruzè, «per quanto ingrati ed iniqui essi siano, pensate che sono nati dal vostro sangue, e che sono miei fratelli; io perdono al loro delitto, e vi domando grazia per essi. —
«Que’ nobili sensi strapparono lagrime al re, il quale, fatto adunare il popolo, dichiarò Kodadad suo erede. Ordinò poi che si conducessero i principi prigioni, i quali comparvero tutti carichi di ferri; il figlio di Piruzè, tolte loro le catene, li abbracciò tutti ad uno ad uno con tanto buon cuore come fatto aveva nel cortile del castello del negro; ed il popolo salutò di mille applausi la generosità di Kodadad. Fu poscia il chirurgo colmato di benefizi, per rimunerarlo dei servigi resi alla principessa di Deryabar.»