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sospiri e le lagrime, si tennero per qualche tempo in un silenzio tenero e degno di pietà. Infine, essendosi la principessa di Deryabar riavuta dal suo abbattimento, raccontò l’avventura del castello e la disgrazia di Kodadad, chiedendo poscia giustizia del tradimento dei principi. — Sì, madama,» le disse il re, «quegl’ingrati periranno; ma bisogna prima render pubblica la morte di Kodadad, affinchè il supplizio de’ suoi fratelli non sia causa di ribellione pe’ miei sudditi. D’altra parte, benchè privi del cadavere di mio figliuolo, non tralasciamo di rendergli gli ultimi uffici.» Si volse quindi al visir, e gli ordinò di far erigere un mausoleo di marmo bianco nella bella pianura, in mezzo alla quale sorge la città di Harran, e frattanto diede alla principessa di Deryabar un sontuoso appartamento nel palazzo, riconoscendola per nuora.

«Fece Hassan lavorare con tal sollecitudine, adoperandovi tanti operai, che in pochi giorni il mausoleo fu eretto. Vi si alzò sotto una tomba sormontata da una figura rappresentante Kodadad; e subito finito il lavoro, il re ordinò solenni preghiere, e stabili un giorno per le esequie del figliuolo.

«Venuto quel giorno, gli abitanti della città si sparsero per la pianura, onde vedere la cerimonia che si fece di tal guisa:

«Il re, seguito dal visir e dai principali signori della corte, si recò al mausoleo, e giuntovi, entrò, sedendo con essi su tappeti di raso a fiorami d’oro; poscia, una numerosa schiera di guardie a cavallo, cogli occhi semichiusi e la testa bassa, avvicinatasi al sepolcro, ne fece due volte il giro in profondo silenzio; ma la terza, fermaronsi davanti alla porta, e tutti dissero, l’un dopo l’altro, queste parole ad alta voce:

«— O principe, figlio del nostro re! se potessimo