Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
290 |
seguita dal chirurgo, montato anch’esso sopra un bel cavallo tartaro che il visir aveagli fatto dare. Il popolo stava alle finestre o per le vie a veder passare la magnifica cavalcata; ed essendosi divulgato che quella principessa, condotta con tanta pompa alla corte, era moglie di Kodadad, dovunque scoppiavano applausi, e l’aria rimbombava di mille giulive grida, che sarebbonsi di certo convertite in gemiti, se fosse stata nota la trista avventura di quel giovane principe, tanto universalmente amato.»
La lunghezza di questa notte non aveva stancata l’attenzione del sultano, ed egli avrebbe desiderato che l’alba non avesse impedito a Scheherazade di finire il racconto. Lo attestò alla principessa, la quale gli promise tal soddisfazione pel giorno successivo.
NOTTE CCLXXXVI
— La principessa di Deryabar trovò il re che l’attendeva alla porta del palazzo per riceverla. La prese egli per mano, e la condusse all’appartamento di Piruzè, dove accadde una commoventissima scena. La moglie di Kodadad sentì rinnovare la propria afflizione alla vista dei genitori del marito, come pur non poterono questi vedere la sposa del loro figliuolo senza esserne vivamente agitati. Si buttò essa a’ piedi del re, e bagnatili di lagrime, fu còlta da sì mortal dolore, che non ebbe la forza di parlare. Nè in condizione men deplorabile era Piruzè, la quale pareva penetrata dalle sue pene, ed il re, colpito da quei commoventi oggetti, si abbandonava al proprio cordoglio. Quelle tre persone, confondendo insieme i