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nelle loro specie; e, per colmo di delizie, immensa quantità di liquori e vini squisiti.

«Si posero tutti a tavola, e quand’ebbero ben mangiato e bevuto, portarono via tutto il resto delle provvisioni, uscendo dal castello nel pensiero di recarsi alla corte del re di Harran. Camminarono parecchi giorni, accampandosi nei siti più ameni che potevano trovare; e non istavano più se non ad una giornata da Harran, allorchè, fermatisi e tornando a bere, come gente che più non si curava di risparmiar il vino, Kodadad prese a dire: — Principi, è troppo il nascondervi più oltre chi io sia: voi vedete in me vostro fratello Kodadad; io deggio la vita, al par di voi tutti, al re di Harran. Il principe di Samaria mi ha educato, e la principessa Piruzè è mia madre. Madama,» soggiunse quindi, volgendosi alla principessa di Deryabar, «perdonatemi se a voi pure feci mistero dalla mia nascita. Forse, scoprendovela più presto, avrei prevenuta qualche riflessione dispiacevole che può avervi fatto nascere un matrimonio da voi creduto ineguale. — No, signore,» rispose la principessa, «i sentimenti che mi avete alla prima ispirati, andarono vie più afforzandosi, e per formare la mia felicità non era bisogno di tal origine che ora mi palesate. —

«I principi felicitarono Kodadad sulla sua nascita, e gliene dimostrarono molta gioia; ma nel fondo del cuore, invece di esserne contenti, l’odio loro per un sì amabile fratello non fece che aumentare. Adunatisi insieme la notte in un luogo remoto, mentre Kodadad e la principessa sua consorte gustavano sotto la loro tenda le dolcezze del sonno, dimenticarono quegl’ingrati, quegl’invidiosi fratelli che senza il coraggioso figliuolo di Piruzè sarebbero tutti caduti preda del negro, e risolsero fra loro di assassinarlo. — Non ci resta altro partito da prendere,» disse uno