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gionieri, che non sapevano trovar termini abbastanza efficaci per attestargli tutta la gratitudine della quale si sentivano penetrati. Fece poscia Kodadad con essi la visita del castello, dove rinvennero ricchezze immense, finissime tele, broccati d’oro, tappeti di Persia, rasi della China ed un’infinità d’altre mercanzie, che il negro aveva tolte alle caravane da lui spogliate, e la maggior parte delle quali apparteneva ai prigionieri liberati da Kodadad. Ciascuno riconobbe la sua roba e la reclamò. Il principe fece prendere ad ognuno le sue balle, e divise anzi fra tutti il resto delle merci; quindi disse loro: — Come farete a portar via le robe vostre? Qui siamo in un deserto, nè avvi apparenza di trovar cavalli. — Signore,» rispose un prigioniero, «il negro colle mercanzie ci ha rubati anche i camelli; forse si trovano nelle scuderie del castello. — Non è impossibile,» disse Kodadad; «andiamo a chiarircene.» E nello stesso tempo recatisi alle scuderie, non solo vi trovarono i camelli dei mercanti, ma eziandio i cavalli dei figliuoli del re di Harran; cosa che li colmò tutti di allegrezza. Stavano nelle stalle alcuni schiavi negri, i quali, vedendo liberi tutti i prigionieri, e da ciò giudicando che il negro fosse stato ucciso, pieni di spavento, presero la fuga per segrete vie. Nè si pensò ad inseguirli. Tutti i mercanti, lietissimi di aver ricuperato, colla libertà, le merci ed i camelli, si disposero a partire; ma prima di mettersi in cammino, volsero nuovi e maggiori ringraziamenti al loro liberatore.
«Partiti che furono, Kodadad, rivolgendosi alla donna, le disse: — E voi, o signora, in qual luogo bramate d’andare? Ove tendevano i vostri passi quando, foste sorpresa dal negro? Intendo condurvi fin dove scelto avete il vostro ritiro, e non dubito che anche questi principi non siano della medesima risoluzione.» I figliuoli del re di Harran protestarono