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trare nella camera in cui stavano le anfore; la donna, guardando tutte le cose con occhio curioso, notò in un angolo una picciola anfora della medesima materia dell’altre, cui il principe non aveva ancora osservata. La prese egli, ed apertala, vi trovò dentro una chiave d’oro. — Figlio mio,» disse allora la regina, «senza dubbio questa chiave racchiude qualche nuovo tesoro. Cerchiamo dappertutto; vediamo se non potremo discoprire a qual uso sia destinata. —
«Esaminarono con estrema attenzione la camera, e finalmente trovarono una serratura nel mezzo d’una tappezzeria, che giudicarono esser quella di cui possedevano la chiave; il re ne fece la prova sul momento. Subito una porta si schiuse, e lasciò vedere un’altra camera, in mezzo alla quale ergevansi nove piedestalli d’oro massiccio, otto de’ quali sostenevano ciascheduno una statua fatta d’un sol diamante; quelle statue mandavano tanto splendore, che tutta la stanza ne rimaneva rischiarata.
«— Oh cielo!» sclamò Zeyn tutto sorpreso; «dove mai ha potuto mio padre trovare tante stupende cose?» Ma il nono piedestallo ne raddoppiò lo stupore, poichè vi stava sopra un pezzo di raso bianco, su cui trovò scritte queste parole:
««O mio caro figlio! queste otto statue mi costarono, onde acquistarle, grandissime fatiche. Ma benchè siano di bellezza senza pari, sappi esistervene al mondo una nona che tutte le supera, e ch’essa sola val più di mille come quelle che qui vedi. Se tu brami di rendertene possessore, recati nella città del Cairo in Egitto. Ivi sta uno de’ miei antichi schiavi chiamato Mobarec; non avrai difficoltà a trovarlo: la prima persona che incontrerai te ne insegnerà la dimora. Va da lui: digli tutto ciò che ti è accaduto. Ti riconoscerà per mio figliuolo, e ti condurrà fino al luogo dove sta