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principi, quando aveva calmata la collera, e venivagli fatta conoscere la sua ingiustizia. Così, dubitar non potendo di non aver ingiustamente perseguitato Ganem e la sua famiglia, e maltrattatili pubblicamente; risolse di dar loro pubblica soddisfazione. — Assai godo,» disse a Tormenta, «del buon esito delle tue ricerche; ne provo somma gioia, meno per amor tuo che per me medesimo. Manterrò la promessa che feci; tu sarai sposa di Ganem, e ti dichiaro fin da questo momento non più mia schiava: sei libera. Va a trovare il giovane mercatante, ed appena sarà ristabilito, conducimelo con sua madre, e la sorella. —

«All’indomani di buon mattino, Tormenta non mancò di recarsi dal sindaco de’ gioiellieri, impaziente di sapere lo stato di salute di Ganem, e partecipare alla madre ed alla figliuola le buone nuove ond’era latrice. Il primo che incontrò fu il sindaco, il quale le disse che Ganem aveva passata una buona notte, e che il suo male non provenendo se non da melanconia, ed essendone rimossa la causa, sarebbe in breve guarito.

«In fatti, il figliuolo di Abu Aibu si trovò molto meglio: Il riposo e gli opportuni farmachi, e più di tutto la nuova situazione del suo spirito, avevano prodotto sì portentoso effetto, che il sindaco stimò poter egli senza pericolo vedere la madre, la sorella e l’amante, purchè lo si preparasse a riceverle, essendo da temere che, ignorando ch’elleno si trovassero in Bagdad, la loro vista non gli cagionasse troppa sorpresa ed allegrezza. Fu dunque risoluto che Tormenta entrerebbe prima ella sola nella stanza di Ganem, e farebbe segno, quando fosse tempo, alle altre due donne di comparire.

«Così disposte le cose, Tormenta fu dal sindaco annunziata al malato, il quale fu sì lieto di rivederla, che poco mancò non isvenisse di nuovo. — Orbene,