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vederlo: ma il sindaco, che giunse nel frattempo, ne la impedì, dimostrandole essere Ganem tanto debole ed estenuato, che non poteasi, senza comprometterne la vita, eccitare in lui i movimenti che cagionar deve l’inaspettata vista d’una madre e d’una sorella prediletta. Non ebbe il sindaco bisogno di lunghi discorsi per persuadere la madre di Ganem; appena le fu detto non poter parlare col figlio senza mettere a repentaglio i suoi giorni, più non insistette per andarlo a trovare. Allora Tormenta: — Benediciamo il cielo,» disse, «che ci abbia tutti radunati in un medesimo luogo. Io corro al palazzo per informare il califfo di tutte queste avventure, e domattina tornerò a raggiungervi.» Ciò detto, abbracciò madre e figliuola, ed uscì. Giunta al palazzo, fece chiedere al califfo un’udienza particolare, cui ottenne sul momento. Introdotta nel gabinetto del principe, dove questi trovavasi solo, gettassi, secondo l’uso, a’ suoi piedi colla faccia a terra. Le diss’egli di rialzarsi, ed invitatala a sedere, le chiese se avesse nuove di Ganem. — Commendatore de’ credenti,» quella rispose, «ho fatto tanto, che lo trovai insieme a sua madre ed alla sorella.» Il califfo desiderò sapere come avesse potuto rinvenirli in sì breve tempo, ed ella soddisfece alla di lui curiosità, dicendogli tanto bene della madre di Ganem e di Forza de’ Cuori, che gli mise voglia di vederle insieme al giovane mercatante.»


NOTTE CCLXXVI


— Sire, se Aaron-al-Raschid era violento, e se, nei trasporti dell’ira, abbandonavasi talvolta ad azioni crudeli, era in compenso assai equo ed il più generoso dei