Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
230 |
giovine mercadante), schiuse le palpebre, e volta la testa verso la persona che gli parlava, riconobbe la favorita del califfo. — Ah, signora! siete voi?» sclamò; «per qual miracolo...» Non potè finire, che colto d’improvviso da un trasporto di vivissima gioia, svenne. Tormenta ed il sindaco affrettaronsi a soccorrerlo; ma appena compresero che cominciava a rinvenire, il sindaco pregò la dama a ritirarsi, nel timore che il suo aspetto non irritasse il male di Ganem.
«Il misero giovane, ricuperati gli spiriti, guardò da tutte le parti, e non vedendo ciò che cercava: — Bella Tormenta,» sclamò, «che cosa fu di voi? Vi siete realmente presentata a’ miei sguardi, o questa fu illusione? — No, buon giovane,» gli rispose il sindaco; «non è illusione: sono stato io che feci uscire quella signora; ma la rivedrete appena sarete in istato di sostenerne la vista. Ora avete d’uopo di riposo, e nulla vi deve impedire di prenderne. Gli affari vostri hanno cangiato aspetto, essendo voi, a quanto mi pare, quel Ganem, al quale il Commendatore de’ Credenti fece pubblicare in Bagdad che perdonava il passato. Vi basti adesso saper questo; la dama che vi ha testè parlato, ve ne istruirà più ampiamente. Non pensate dunque se non a ripristinarvi in salute; per me, vi contribuirò in quanto mi sarà possibile.» Ciò detto, lasciò Ganem in riposo, andando a fargli preparare tutti i rimedi che stimò necessari per ripararne le forze, esauste dall’inedia e dalla fatica.
«Intanto, Tormenta trovavasi nella stanza di Forza de’ Cuori e di sua madre, dov’ebbe luogo la medesima scena all’incirca, che quando la madre di Ganem seppe che il forestiero malato, fatto portare dal sindaco in casa sua, era il figliuolo in persona, n’ebbe tanto giubilo, che svenne anch’essa; e quando fu rinvenuta dalla sua debolezza, per le cure di Tormenta e della consorte del sindaco, volle alzarsi per andar a