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ad avvertire la padrona, la quale trovavasi nella stanza di Forza de’ Cuori e di sua madre, essendo di queste appunto che il sindaco aveva parlato alla favorita.

«Avendo la moglie del sindaco inteso dallo schiavo che una dama del palazzo trovavasi in casa sua, volle uscire dalla stanza per andarla a ricevere; ma Tormenta, che seguiva da vicino lo schiavo, non gliene lasciò il tempo ed entrò. La moglie del sindaco si prosternò davanti a lei per dimostrarle il proprio rispetto per tutto ciò che apparteneva al califfo. Tormenta, rialzatala, le disse: — Mia buona signora, vi prego di farmi parlare alle due forestiere giunte ier sera a Bagdad. — Madama,» rispose la moglie del sindaco, «sono coricate in que’ due letticciuoli che vedete l’uno accanto all’altro.» Tosto la favorita si accostò a quello della madre, e considerandola con attenzione: — Mia buona donna,» le disse, «vengo ad offrirvi il mio soccorso. Non sono senza credito in questa città, e potrei esser utile a voi ed alla vostra compagna. — Madama,» rispose la madre di Ganem, «dalle cortesi offerte che ci fate, veggo che il cielo non ci abbandonò ancora. Eppure avevamo motivo di crederlo, dopo le disgrazie accaduteci.» Ciò detto, si mise a piangere tanto amaramente, che Tormenta e la moglie del sindaco non seppero trattenere le lagrime.

«La favorita del califfo, asciugate le sue, tornò a dire alla madre di Ganem: — Istruitemi, di grazia, de’ vostri guai, e raccontateci la vostra storia; non sapreste fare una tal narrazione a persone più di noi disposte a tentare tutti i mezzi possibili di consolarvi. — Signora,» rispose l’afflitta vedova di Abu Aibu, «una favorita del Commendatore de’ credenti, una dama chiamata Tormenta, è la cagione di tutte le nostre sciagure.» A simili parole, la favorita del