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di rado, che non dovete maravigliarvi se non siamo stati de’ primi a sapere il vostro ritorno. Inoltre, Ganem, ch’erasi incaricato di far tenere il mio viglietto ad Alba del Giorno, stette molto tempo senza poter trovare il momento favorevole di consegnarlo in proprie mani.

«— Basta così, Tormenta,» ripigliò il califfo; «riconosco il mio fallo, e voglio espiarlo colmando di benefizi quel giovane mercadante di Damasco. Guarda dunque cosa possa io fare per lui; domandami quanto vorrai, che te lo concederò.» A simili parole, la favorita gettossi colla faccia al suolo appiè del califfo, e rialzandosi: — Commendatore de’ credenti,» disse, «dopo aver ringraziata vostra maestà per Ganem, la supplico umilmente a far bandire ne’ vostri stati, che voi perdonate al figliuolo di Abu Aibu, e ch’egli non ha se non a venire a presentarsi. — Farò di più,» ripigliò il principe; «per averti salvata la vita, e riconoscere la considerazione avuta per me; onde indennizzarlo della perdita de’ suoi beni, e finalmente risarcirlo del torto da me fatto alla sua famiglia, te lo concedo in isposo.» Non seppe Tormenta trovare espressioni abbastanza energiche per ringraziare il califfo della sua generosità. Si ritirò poscia nel medesimo appartamento che occupava prima della sua crudele avventura, i cui addobbi erano ancora intatti, non essendo mai stati toccati. Ma ciò che le fece maggior piacere fu di vedervi i forzieri e le balle di Ganem, che Mesrur erasi preso cura di farvi trasportare.»

— Veggo con piacere,» disse il sultano delle Indie, «che il califfo abbia finalmente reso giustizia a quel buon giovane. Qual rammarico non avrà provato il principe d’aver trattato con tal rigore una famiglia innocente! — Sire,» soggiunse Scheherazade, «il califfo non si limitò a riconoscere il proprio er-