Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
222 |
schid; «ti perdono tutto, purchè tu nulla mi nasconda. — Or bene,» replicò Tormenta, «sappiate che l’attenzione rispettosa di Ganem, unita a tutti i buoni offici che m’ha prestati, mi fecero concepire per lui molta stima. Passai anzi più oltre. Voi conoscete la tirannia dell’amore: sentii nascere nel mio cuore teneri sentimenti; egli se ne avvide, ma lungi dal cercare di trar profitto dalla mia debolezza, e ad onta del fuoco di cui sentivasi tutto acceso, egli si mantenne sempre fermo nel suo dovere; e tutto ciò che la sua passione potè strappargli di bocca, furono le parole che già dissi a vostra maestà: «Ciò che appartiene al padrone, è vietato allo schiavo.»
«Tale ingenua dichiarazione avrebbe forse inasprito ogn’altro fuor del califfo, ma fu invece quella che finì di raddolcire il principe. Comandò a Tormenta di alzarsi, e fattosela sedere vicino: — Raccontami,» le disse, «la tua storia dal principio alla fine.» Allora ella se ne disimpegnò con moltissima abilità e spirito, passando leggermente su ciò che risguardava Zobeide, estendendosi vie più sulle obbligazioni che doveva a Ganem, sulla spesa sostenuta per lei, ed in ispecial modo vantandone la discrezione, per aver così luogo a far comprendere al califfo d’essersi trovata nella necessità di tenersi nacosta in casa di Ganem all’uopo di deludere Zobeide. Terminò poi colla fuga del giovane mercante, alla quale diss’ella, senza dissimulare al califfo, di averlo essa medesima costretto, per sottrarlo alla di lui collera.
«Finito ch’ebbe di parlare, il principe le disse: — Credo tutto ciò che mi avete narrato; ma perchè tardaste tanto a darmi vostre notizie? Era mestieri attendere un mese intero dopo il mio ritorno, per farmi sapere dov’eravate? — Commendatore de’ credenti,» rispose Tormenta, «Ganem usciva di casa sì